Riunisco qui le interviste che mi sono state sottoposte da Gresi di Sogni d'inchiostro, Xunil.it e Il Mondo dello Scrittore, che ringrazio calorosamente. Sperando di non annoiarvi, vi auguro buona lettura. ^_^
"Due chiacchiere con l’autrice: Licia Oliviero" tratta dal blog Sogni d'inchiostro |
Com'è nata la storia de La Principessa degli Elfi?
È nata in modo del tutto inaspettato e spontaneo. Già da qualche anno mi dilettavo a scribacchiare e, in una sonnacchiosa mattina del 2009, iniziai a immaginare un dialogo tra due personaggi, ancora privi di nome. Nella mia mente li vedevo e vedevo il paesaggio, una foresta rigogliosa, un’atmosfera un po’ cupa. Appuntai tutto sul mio computer per evitare di dimenticarmene. Non era la prima volta, non è stata l’ultima. All’epoca della prima stesura non avevo idea che ne avrei tratto una trilogia, o che un giorno l’avrei pubblicata. Semplicemente più scrivevo, più mi affezionavo ai personaggi e più mi sembravano vivere di vita propria. Io trascrivevo semplicemente le loro avventure e le loro emozioni. In un certo senso, ho scoperto la loro storia man mano che la scrivevo, non avevo premeditato assolutamente nulla.
Nel campo dell'editoria attualmente stanno spopolando una miriade di generi. Saghe come quella della Meyer, della Troisi, di Pike, e molte altre, il genere fantasy ha messo radici e fatto strage di lettori. Nel mio caso, lo è in buona parte :D
La Principessa degli Elfi a questo proposito, ha molto di questa tipologia di romanzi. Quali sono le tue idee in merito a questo genere? Cosa pensi della sua rapida diffusione?
Ovviamente il genere fantasy è il mio preferito, da lettrice è il genere che frequento di più. Per me è il genere che più mi permette di volare con la fantasia, adoro perdermi in mondi nuovi, strani, eppure sempre specchio della nostra realtà. È questo il punto di forza dei fantasy, secondo me, raccontano di storie incredibili, ma i sentimenti e i messaggi insiti in quelle storie sono reali e proprio per questo hanno il potere di toccarci.
C'è stato qualche autore/autrice che ti ha influenzato nella stesura del romanzo?
La risposta a questa domanda penso si trovi nel mezzo. Io non ho mai fatto volontariamente riferimento ad altri autori, però è sicuramente possibile che in molti mi abbiano influenzato. Credo che tutto ciò che di bello si riesca a trarre dalla lettura rimanga con il lettore, come una nuova parte di sé. Lo stesso vale per tutte le esperienze fatte nella vita.
A quale personaggio ti sei affezionata di più? E con quale hai avuto maggior attrito?
Questa è una domanda difficile. Non penso riuscirei a scegliere un solo personaggio a cui mi sono affezionata di più. Potrei barare e dire semplicemente “tutti”. Oppure potrei rispondere Layra per la sua forza di volontà, Anter per il suo voler proteggere fino allo stremo le persone che ama e Ally per la sua esuberanza e caparbietà. E tuttavia, sceglierne uno mi farebbe pensare di trascurare gli altri e in questa storia sono tutti, chi più e chi meno, indispensabili.
Stessa cosa potrei dire per il maggior attrito: ci sono state scelte che i miei personaggi hanno preso senza il mio consenso (sembra un po’ strano detto così, ma in fin dei conti è vero). Se poi come “attrito” valgono anche le litigate intraprese nella mia mente con alcuni di loro, allora sì, ce ne sono, ma non svelerò quali. Altrimenti, poverini, potrebbero offendersi e distruggere il mondo… 😉
Se potessi scegliere un personaggio del romanzo su cui scrivere un romanzo a parte, su quale cadrebbe la tua scelta e perché?
Penso sceglierei Desy e i suoi fratelli, perché mi piacerebbe molto esplorare una storia, che è solo accennata nell’ultimo libro della trilogia, che ha sì un finale noto, ma in cui possono accadere tante cose ancora da scoprire. Una storia, quindi, ambientata prima degli eventi della trilogia incentrata su Layra. L’idea è molto stuzzicante e ti confesso che ci penso da un bel po’, ma non so se effettivamente riuscirò a realizzarla. Vedremo.
Hai trovato delle difficoltà nell'evolvere la personalità dei protagonisti? O, scrivendo, avveniva in maniera del tutto naturale?
Ho spesso sostenuto che la storia si sia scritta da sola. Questo vale soprattutto per i personaggi: in un certo senso sono “vivi” e si sono evoluti naturalmente durante la storia. Ogni svolta degli eventi, ogni scelta da compiere portava a un’evoluzione del carattere dei personaggi.
Qual è il tuo rapporto con la scrittura?
Per me scrivere è come respirare. È qualcosa che ormai fa parte di me e che mi fa stare bene. Adoro poter lasciare libera la mente di vagare e scrivere tutto ciò che riesco a immaginare.
C'è un episodio nell'intera saga che ti ha particolarmente colpito?
Ce ne sono molti, tantissimi… ma io sono di parte! Non riesco a sceglierne uno solo, appena penso a un episodio specifico, ecco che la mia memoria me ne propone un altro e un altro ancora. Se proprio dovessi scegliere, forse direi la battaglia finale, su cui però non posso dire nulla per evitare di fare spoiler.
Quali sono state le sfide che hai dovuto affrontare, durante la stesura dei tuoi romanzi?
Sarò sincera, la sfida più dura è stata non poter scrivere sempre, costantemente e ogni volta che ne avevo voglia. Ho iniziato a scrivere questa storia durante i primi anni del liceo e, ovviamente, per scrivere dovevo ricavarmi piccoli ritagli di tempo la sera prima di andare a letto, nei weekend e d’estate, mentre invece l’ispirazione veniva a trovarmi nei momenti meno opportuni: prima di andare a scuola o durante le lezioni. Inutile dire che quando potevo scrivere non c’era nulla che potesse fermarmi.
Quali sono i tuoi romanzi preferiti, o meglio, quali opere hanno influenzato la storia di Layra?
Romanzi preferiti… hai a disposizione tre o quattro giorni? Ne ho tantissimi, alcuni noti, altri meno. Ai tempi della stesura della mia trilogia avevo quattordici anni e i miei romanzi preferiti erano: “I guerrieri dell’arcobaleno” di Barbara Nalin, “Le carovane del tempo” di Vanna De Angelis, la saga su “Laura Leander” di Peter Freund e la saga su “La bambina della sesta luna” di Moony Witcher. Li amo tuttora, ma ad essi si sono aggiunti tanti altri titoli come: “Due candele per il diavolo” di Laura Gallego García, la trilogia incentrata su “Gemma Doyle” di Libba Bray, “Tenebre e Ghiaccio” di Leigh Bardugo e tutti i libri sugli “Shadowhunters” di Cassandra Clare.
La scrittura, come ogni cosa nella vita, è secondo te questione di forza?
Sicuramente per scrivere occorre una buona dose di forza di volontà, ma se scrivere è qualcosa che si ama allora diventa assolutamente facile trovare quel tipo di forza. Il difficile probabilmente arriva quando si decide di pubblicare, ma anche quello, se fatto con lo spirito giusto, non è impossibile.
Quando scrivi come ti poni per entrare al meglio nel personaggio?
Di solito non devo sforzarmi troppo. Mi capita spesso di pensare ai miei personaggi, anche quando non ho la possibilità di scrivere, e ognuno di loro è come se vivesse di vita propria. Io, quando scrivo, mi limito a trascrivere ciò che farebbero e direbbero i personaggi stessi.
Quali sono i tuoi progetti futuri? Scriverai ancora?
Oh sì, al momento non riuscirei a immaginare la mia vita senza la scrittura. Non so quando ultimerò qualche libro, perché ho più di una storia già iniziata e molte altre sono solo in forma di idee e abbozzi. Inoltre, io scrivo sempre e solo quando sono ispirata e all’ispirazione non si comanda. Posso dirti che al momento sto lavorando soprattutto su un romanzo urban fantasy, con toni un po’ dark e un po’ apocalittici, ambientato in un mondo che ha sempre più contatti con gli Inferi e incentrato su una protagonista che non crede al destino già scritto, soprattutto quando tutti sembrano convinti che lei sia una predestinata.
A un lettore o una lettrice che non ha ancora letto la storia di Layra, quale consiglio gli daresti per farlo?
Io ho scritto “La Principessa degli Elfi” nella speranza di riuscire a trasmettere emozioni, ma per farlo c’è bisogno anche di lettori. Io, scrivendo, ho fatto solo metà dell’opera: un libro, per essere tale, ha bisogno che qualcuno lo legga.
È nata in modo del tutto inaspettato e spontaneo. Già da qualche anno mi dilettavo a scribacchiare e, in una sonnacchiosa mattina del 2009, iniziai a immaginare un dialogo tra due personaggi, ancora privi di nome. Nella mia mente li vedevo e vedevo il paesaggio, una foresta rigogliosa, un’atmosfera un po’ cupa. Appuntai tutto sul mio computer per evitare di dimenticarmene. Non era la prima volta, non è stata l’ultima. All’epoca della prima stesura non avevo idea che ne avrei tratto una trilogia, o che un giorno l’avrei pubblicata. Semplicemente più scrivevo, più mi affezionavo ai personaggi e più mi sembravano vivere di vita propria. Io trascrivevo semplicemente le loro avventure e le loro emozioni. In un certo senso, ho scoperto la loro storia man mano che la scrivevo, non avevo premeditato assolutamente nulla.
Nel campo dell'editoria attualmente stanno spopolando una miriade di generi. Saghe come quella della Meyer, della Troisi, di Pike, e molte altre, il genere fantasy ha messo radici e fatto strage di lettori. Nel mio caso, lo è in buona parte :D
La Principessa degli Elfi a questo proposito, ha molto di questa tipologia di romanzi. Quali sono le tue idee in merito a questo genere? Cosa pensi della sua rapida diffusione?
Ovviamente il genere fantasy è il mio preferito, da lettrice è il genere che frequento di più. Per me è il genere che più mi permette di volare con la fantasia, adoro perdermi in mondi nuovi, strani, eppure sempre specchio della nostra realtà. È questo il punto di forza dei fantasy, secondo me, raccontano di storie incredibili, ma i sentimenti e i messaggi insiti in quelle storie sono reali e proprio per questo hanno il potere di toccarci.
C'è stato qualche autore/autrice che ti ha influenzato nella stesura del romanzo?
La risposta a questa domanda penso si trovi nel mezzo. Io non ho mai fatto volontariamente riferimento ad altri autori, però è sicuramente possibile che in molti mi abbiano influenzato. Credo che tutto ciò che di bello si riesca a trarre dalla lettura rimanga con il lettore, come una nuova parte di sé. Lo stesso vale per tutte le esperienze fatte nella vita.
A quale personaggio ti sei affezionata di più? E con quale hai avuto maggior attrito?
Questa è una domanda difficile. Non penso riuscirei a scegliere un solo personaggio a cui mi sono affezionata di più. Potrei barare e dire semplicemente “tutti”. Oppure potrei rispondere Layra per la sua forza di volontà, Anter per il suo voler proteggere fino allo stremo le persone che ama e Ally per la sua esuberanza e caparbietà. E tuttavia, sceglierne uno mi farebbe pensare di trascurare gli altri e in questa storia sono tutti, chi più e chi meno, indispensabili.
Stessa cosa potrei dire per il maggior attrito: ci sono state scelte che i miei personaggi hanno preso senza il mio consenso (sembra un po’ strano detto così, ma in fin dei conti è vero). Se poi come “attrito” valgono anche le litigate intraprese nella mia mente con alcuni di loro, allora sì, ce ne sono, ma non svelerò quali. Altrimenti, poverini, potrebbero offendersi e distruggere il mondo… 😉
Se potessi scegliere un personaggio del romanzo su cui scrivere un romanzo a parte, su quale cadrebbe la tua scelta e perché?
Penso sceglierei Desy e i suoi fratelli, perché mi piacerebbe molto esplorare una storia, che è solo accennata nell’ultimo libro della trilogia, che ha sì un finale noto, ma in cui possono accadere tante cose ancora da scoprire. Una storia, quindi, ambientata prima degli eventi della trilogia incentrata su Layra. L’idea è molto stuzzicante e ti confesso che ci penso da un bel po’, ma non so se effettivamente riuscirò a realizzarla. Vedremo.
Hai trovato delle difficoltà nell'evolvere la personalità dei protagonisti? O, scrivendo, avveniva in maniera del tutto naturale?
Ho spesso sostenuto che la storia si sia scritta da sola. Questo vale soprattutto per i personaggi: in un certo senso sono “vivi” e si sono evoluti naturalmente durante la storia. Ogni svolta degli eventi, ogni scelta da compiere portava a un’evoluzione del carattere dei personaggi.
Qual è il tuo rapporto con la scrittura?
Per me scrivere è come respirare. È qualcosa che ormai fa parte di me e che mi fa stare bene. Adoro poter lasciare libera la mente di vagare e scrivere tutto ciò che riesco a immaginare.
C'è un episodio nell'intera saga che ti ha particolarmente colpito?
Ce ne sono molti, tantissimi… ma io sono di parte! Non riesco a sceglierne uno solo, appena penso a un episodio specifico, ecco che la mia memoria me ne propone un altro e un altro ancora. Se proprio dovessi scegliere, forse direi la battaglia finale, su cui però non posso dire nulla per evitare di fare spoiler.
Quali sono state le sfide che hai dovuto affrontare, durante la stesura dei tuoi romanzi?
Sarò sincera, la sfida più dura è stata non poter scrivere sempre, costantemente e ogni volta che ne avevo voglia. Ho iniziato a scrivere questa storia durante i primi anni del liceo e, ovviamente, per scrivere dovevo ricavarmi piccoli ritagli di tempo la sera prima di andare a letto, nei weekend e d’estate, mentre invece l’ispirazione veniva a trovarmi nei momenti meno opportuni: prima di andare a scuola o durante le lezioni. Inutile dire che quando potevo scrivere non c’era nulla che potesse fermarmi.
Quali sono i tuoi romanzi preferiti, o meglio, quali opere hanno influenzato la storia di Layra?
Romanzi preferiti… hai a disposizione tre o quattro giorni? Ne ho tantissimi, alcuni noti, altri meno. Ai tempi della stesura della mia trilogia avevo quattordici anni e i miei romanzi preferiti erano: “I guerrieri dell’arcobaleno” di Barbara Nalin, “Le carovane del tempo” di Vanna De Angelis, la saga su “Laura Leander” di Peter Freund e la saga su “La bambina della sesta luna” di Moony Witcher. Li amo tuttora, ma ad essi si sono aggiunti tanti altri titoli come: “Due candele per il diavolo” di Laura Gallego García, la trilogia incentrata su “Gemma Doyle” di Libba Bray, “Tenebre e Ghiaccio” di Leigh Bardugo e tutti i libri sugli “Shadowhunters” di Cassandra Clare.
La scrittura, come ogni cosa nella vita, è secondo te questione di forza?
Sicuramente per scrivere occorre una buona dose di forza di volontà, ma se scrivere è qualcosa che si ama allora diventa assolutamente facile trovare quel tipo di forza. Il difficile probabilmente arriva quando si decide di pubblicare, ma anche quello, se fatto con lo spirito giusto, non è impossibile.
Quando scrivi come ti poni per entrare al meglio nel personaggio?
Di solito non devo sforzarmi troppo. Mi capita spesso di pensare ai miei personaggi, anche quando non ho la possibilità di scrivere, e ognuno di loro è come se vivesse di vita propria. Io, quando scrivo, mi limito a trascrivere ciò che farebbero e direbbero i personaggi stessi.
Quali sono i tuoi progetti futuri? Scriverai ancora?
Oh sì, al momento non riuscirei a immaginare la mia vita senza la scrittura. Non so quando ultimerò qualche libro, perché ho più di una storia già iniziata e molte altre sono solo in forma di idee e abbozzi. Inoltre, io scrivo sempre e solo quando sono ispirata e all’ispirazione non si comanda. Posso dirti che al momento sto lavorando soprattutto su un romanzo urban fantasy, con toni un po’ dark e un po’ apocalittici, ambientato in un mondo che ha sempre più contatti con gli Inferi e incentrato su una protagonista che non crede al destino già scritto, soprattutto quando tutti sembrano convinti che lei sia una predestinata.
A un lettore o una lettrice che non ha ancora letto la storia di Layra, quale consiglio gli daresti per farlo?
Io ho scritto “La Principessa degli Elfi” nella speranza di riuscire a trasmettere emozioni, ma per farlo c’è bisogno anche di lettori. Io, scrivendo, ho fatto solo metà dell’opera: un libro, per essere tale, ha bisogno che qualcuno lo legga.
"Intervista con l’autrice" tratta da Xunil.it |
Iniziando dal titolo, a cosa è dovuta la sua scelta?
La scelta del titolo, “La Principessa degli Elfi”, è stata per me incredibilmente ovvia e naturale sin dal principio. Potrei quasi affermare di averlo stabilito subito dopo aver delineato a grandi linee la trama e alcuni dei personaggi principali. Essere la Principessa degli Elfi è ciò che mette in moto tutti gli eventi e che cambia la vita della protagonista.
Che cosa o chi le ha dato l'input per scrivere il suo libro?
Considerando che la prima stesura del mio scritto risale al 2009, potrebbe sembrare strano che lo ricordi così bene, d’altro canto, non credo che mi sarebbe possibile dimenticarlo neanche volendolo. Semplicemente un giorno, a metà tra il sogno e la veglia, iniziai a immaginare luoghi e dialoghi tra personaggi ancora senza nome. Continuai a pensarci e così cominciai a scrivere, non sapendo bene dove tutto ciò mi avrebbe portato. Nei momenti più inaspettati mi venivano in mente nuove scene, nuovi dialoghi, e io potevo solo riportarli il più fedelmente possibile, lasciandomi ispirare da qualsiasi cosa che avesse il potere di emozionarmi.
Da quale punto di vista è partita per analizzare le tematiche centrali del suo lavoro?
Credo di aver, forse anche inconsciamente, fondato gran parte della storia sui legami affettivi tra i personaggi. È l’amore, inteso nelle sue molteplici sfumature, a dare forza e speranza a coloro che lo provano, forse anche più della magia di cui i personaggi sono dotati.
L'influenza soggettiva su opere come la sua quanto incide sul risultato finale?
È fuor di dubbio che la soggettività incida moltissimo sul risultato finale di un’opera di fantasia. Tuttavia, per quanto mi riguarda, ho anche tentato di fare un lavoro di immedesimazione nei vari personaggi, man mano che scrivevo la storia, cercando di pensare come loro avrebbero pensato e di scrivere dialoghi e atteggiamenti che li caratterizzassero e diversificassero. Quanto ciò sia riuscito, non credo sia io a doverlo dire.
Per quale motivo i lettori dovrebbero leggere la sua opera?
Perché si legge un libro? O si guarda un film, si ascolta musica, si ammira un quadro? A mio avviso, penso che la risposta principale sia racchiudibile in una parola: emozioni. È questo ciò che, nelle mie intenzioni, il mio libro dovrebbe fare: emozionare i lettori.
La scelta del titolo, “La Principessa degli Elfi”, è stata per me incredibilmente ovvia e naturale sin dal principio. Potrei quasi affermare di averlo stabilito subito dopo aver delineato a grandi linee la trama e alcuni dei personaggi principali. Essere la Principessa degli Elfi è ciò che mette in moto tutti gli eventi e che cambia la vita della protagonista.
Che cosa o chi le ha dato l'input per scrivere il suo libro?
Considerando che la prima stesura del mio scritto risale al 2009, potrebbe sembrare strano che lo ricordi così bene, d’altro canto, non credo che mi sarebbe possibile dimenticarlo neanche volendolo. Semplicemente un giorno, a metà tra il sogno e la veglia, iniziai a immaginare luoghi e dialoghi tra personaggi ancora senza nome. Continuai a pensarci e così cominciai a scrivere, non sapendo bene dove tutto ciò mi avrebbe portato. Nei momenti più inaspettati mi venivano in mente nuove scene, nuovi dialoghi, e io potevo solo riportarli il più fedelmente possibile, lasciandomi ispirare da qualsiasi cosa che avesse il potere di emozionarmi.
Da quale punto di vista è partita per analizzare le tematiche centrali del suo lavoro?
Credo di aver, forse anche inconsciamente, fondato gran parte della storia sui legami affettivi tra i personaggi. È l’amore, inteso nelle sue molteplici sfumature, a dare forza e speranza a coloro che lo provano, forse anche più della magia di cui i personaggi sono dotati.
L'influenza soggettiva su opere come la sua quanto incide sul risultato finale?
È fuor di dubbio che la soggettività incida moltissimo sul risultato finale di un’opera di fantasia. Tuttavia, per quanto mi riguarda, ho anche tentato di fare un lavoro di immedesimazione nei vari personaggi, man mano che scrivevo la storia, cercando di pensare come loro avrebbero pensato e di scrivere dialoghi e atteggiamenti che li caratterizzassero e diversificassero. Quanto ciò sia riuscito, non credo sia io a doverlo dire.
Per quale motivo i lettori dovrebbero leggere la sua opera?
Perché si legge un libro? O si guarda un film, si ascolta musica, si ammira un quadro? A mio avviso, penso che la risposta principale sia racchiudibile in una parola: emozioni. È questo ciò che, nelle mie intenzioni, il mio libro dovrebbe fare: emozionare i lettori.
“Scrivere libri per ragazzi: Licia Oliviero” tratta dal blog Il Mondo dello Scrittore. |
- Come si scrive per i giovani?
È necessario coinvolgere il lettore, permettendogli di immedesimarsi, di vivere la storia insieme ai protagonisti.
Alle volte i giovani hanno una sensibilità e una consapevolezza di gran lunga superiore a quella di un adulto e, a mio avviso, riescono a percepire se tra le righe di un libro vi è stato messo il cuore.
- Come si sceglie una particolare tematica?
Ho sempre reputato di massima importanza sentimenti come l’amore e l’amicizia che, quando sono sinceri, forniscono una forza immensa. Layra, la protagonista della trilogia “La Principessa degli Elfi” da me scritta, deve affrontare momenti e situazioni terribili, ma riesce a non perdere mai la speranza e a rialzarsi ogni volta che cade, grazie alle persone che tengono a lei. Anche quando è sola, non lo è mai veramente, perché ha trovato affetti sinceri.
È proprio quando la situazione si fa disperata che la potenza dei sentimenti positivi si concretizza: è facile essere forti, buoni e coraggiosi finché tutto va bene. È “eroico” esserlo quando le cose vanno male.
- Quali sono le maggiori difficoltà che si riscontrano?
- Perché scegliere di scrivere proprio per i giovani?
Oggi, penso di poter dire che il termine “giovani” sia molto relativo, non è l’età anagrafica a determinare necessariamente i gusti di un lettore. Ho deciso di attenermi a un target definibile giovanile per permettere ai miei lettori di sognare ad occhi aperti e liberare la propria fantasia, qualsiasi sia la loro età.
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